Pecchia: «Spirito straordinario». Buffon: «Manca equilibrio emotivo»

Dopo Parma-Genoa (clicca qui), le parole a caldo dei due allenatori, Fabio Pecchia e Alberto Gilardino, oltre a quelle del portiere crociato Gianluigi Buffon.

Lunga e accorata analisi da parte del capitano, che ha analizzato con i giornalisti le problematiche della squadra. Ecco le dichiarazioni dalla sala stampa dell’Ennio Tardini, raccolte da SportParma.

PECCHIA «Rispetto al Perugia oggi neanche meglio. Bella partita, complimenti a tutti i ragazzi.
Mihaila? Il suo infortunio è stata una pugnalata. Ingressi importanti in corsa, spirito straordinario. Complimenti alla linea difensiva che ha tenuto a bada una reparto offensivo di tutto rispetto. Quando la squadra esprime certe individualità, i valori emergono.
Benek al di là della posizione deve attaccare la porta, è in grado di farlo in entrambe le posizione. Tutti i gol li sta facendo quando attacca da posizione defilata. Mi è piaciuto in entrambe le posizioni.
Prestazioni altalenanti? Il gruppo lavora con grandissima attenzione, questo mi fa ben sperare di trovare quella continuità che cerchiamo. Sono stati venti giorni estremamente formativi. I bilanci facciamoli alla fine: la classifica va guardata l’ultimo giorno. Le altalene sono all’ordine del giorno, noi dobbiamo costruire questa mentalità forte. In due partite abbiamo subito tre tiri in porta. A Cosenza la prestazione passa negativa perché c’è stata la sconfitta.
Questi giorni sono serviti a tutti per renderci conto della situazione: dobbiamo farne tesoro. Abbiamo davanti ancora tutta una stagione, ogni strada è aperta. Per creare una mentalità vincente ci vuole del tempo: la squadra deve lavorare, noi sappiamo dove dobbiamo farlo. Pensare di proporre uno spirito vincente fa parte dell’evoluzione di una squadra.
Oggi squadra offensiva, ma con equilibrio: abbiamo subito pochissimo. Tutti hanno lavorato alla grande. Il Genoa non perdeva da 7-8 partite, l’ho visto in grande salute. Ma mi sento di dire che oggi il grande merito è dei ragazzi. Stop.».

GILARDINO «La prestazione in sé è stata troppo poco. Responsabilità mia per la sconfitta e per come è andato il primo tempo: non sono entrato nella testa dei ragazzi. Sapendo che era una partita sui duelli e sulle seconde palle. Mi assumo io le colpe. Nel secondo tempo abbiamo cercato di cambiare qualcosa a livello tattico cercando più ampiezza, ma non ci siamo riusciti. Il rigore ha chiuso la partita. Mi spiace che non abbiamo avuto una reazione. Questa sconfitta va subito archiviata.
Sembravamo compassati, lenti e in ritardo sulle seconde palle e sui duelli. Ciononostante la squadra ha dimostrato sempre grande attenzione, ma oggi è venuto un po’ meno.
Giocatori come Bernabé e Vazquez esaltano la squadra e si possono accendere in ogni momento. Non possiamo permetterci un primo tempo come l’abbiamo fatto.
Tornare al Tardini da allenatore? C’è più responsabilità da mister che non da giocatore. Qui ho vissuto tre anni importantissimi della mia vita calcistica, me li porto con me. Bisogna analizzare con grande equilibrio le sconfitte, credo che la nostra squadra possa tornare a fare grandi cose.
Mi aspettavo questo tipo di Parma, l’organico non rispecchia la posizione di classifica di questo momento. Quando perdi i duelli, perdi certezze e ti innervosisci. La volontà era quella di stare alti per far rilanciare lungo il Parma. Invece hanno trovato spazio nelle giocate di Vazquez e nelle imbucate di Bernabé e li ci hanno messo in difficoltà».

BUFFON «Vittoria dell’orgoglio? Definiamola solo una vittoria e basta. L’orgoglio va trasportato nel tempo e bisogna fare certi tipi di prestazione dal punto di vista caratteriale ed emotivo, come stasera. Se c’è un difetto nella nostra squadra è che non abbiamo equilibrio emotivo: e una squadra che anela ad essere protagonista o a vincere non può non averlo. Alla prima col Bari pensavamo già di essere in Serie A dopo tre minuti; subito l’1-2 percepivi già il clima di una squadra in crisi. Senza le motivazioni, siamo una squadra normale. E una squadra normale nel tempo non arrivano a nulla di grande. Ormai dai più vecchia ai più giovani – che sono qua da due o tre anni – bisogna prendersi le proprie responsabilità: è frustrante vedere il Parma andare sull’ottovolante. Dobbiamo svoltare. Ma per vincere le partite bisogna fare fatica e oggi noi abbiamo fatto fatica: ci abbiamo messo la voglia di essere compatti e non prendere gol. Se ci manca questo, anche se non hai Buffon e Vazquez, siamo una squadra normale; se io fossi un giovane e mi accorgo di essere tredicesimo, dovrei capire che qualcosa deve cambiare. Nel frattempo sono cambiati anche gli allenatori: e gli ultimi due che abbiamo avuto hanno più vittorie che presenze in B e noi dobbiamo metterci qualcosa di più.
Sono rimasto con la Curva perché sono rimasto, sono il capitano e oggi era una giornata particolare: c’è stata una contestazione giustificata. Non puoi non capire la frustrazione di un tifoso che vuole vedere del senso e della continuità: la contestazione penso sia stata la prima in tre anni di risultati non eccelsi. Come fai a non dire qualcosa a questa gente? E poi è da pubblicizzare nel mondo la civiltà della protesta dei tifosi di Parma: questo è stato il modo migliore per far arrivare il messaggio.
Il cambiamento non può arrivare in una settimana. Io ho 90 anni ma quando perdo col Parma io sto male. Gioco ancora per i miei compagni, per l’allenatore, per la gente: se tra il vincere e il perdere il sentimento p sempre lo stesso, è chiaro che vai poco lontano. Ma se senti il bruciore vai avanti nel tempo.
La cosa che mi fa piacere è che ogni tanto toccando certi tasti alcune risposte riesci ad averle. Ma non ci dobbiamo illudere: mancano 15 partite e vanno affrontate in questo modo. E questo è l’unica via per non avere rimpianti che ti dà anche il senso del tuo valore. Io sinceramente iniziavo a guardarmi dietro in classifica.
Cosa non va? Io la prima cosa che faccio è mettermi in discussione e quando torno a casa sono davvero infelice. Questo modo di pensare, se lo facciamo comune, un qualcosina si cresce tutti insieme. Dentro ognuno di noi ci dev’essere questo tipo di desiderio e di amor proprio. Noi siamo tutt’altro che una squadra di lavativi: siamo ragazzi per bene che ogni giorno lavorano al 100%. C’è da cambiare mentalità e attitudine al lavoro e avvicinarsi a modelli che sono vincenti. Quello che abbiamo fatto fino ad adesso ci porta a fare dei campionati senza senso.
Nel gruppo ci sono anch’io, spesso le domande me le faccio sul mio operato, che spesso non è stato proficuo come pensavo. Detto questo, credo anche che abbiamo l’opportunità, perché lo abbiamo dimostrato qualche volta, di poter essere protagonista. Ma solo a una condizione: di giocare emotivamente e caratterialmente come stasera e come qualche altra volta. Questo è il minimo sindacale. Sapendo che questa è la base, capisci che hai dei margini di miglioramento per fare qualcosa di importante. Questo tipo di crescita la devono sentire tutti individualmente, questo tipo di desiderio».